Una performance d’arte pubblica sta attraversando venti città in due continenti per far risuonare il suo messaggio ambientalista. Da Kinshasa all’Artico, una mandria di finti animali selvatici, in fuga dalla crisi climatica, sta facendo tappa in varie città africane ed europee su un percorso lungo ventimila chilometri, per suonare un campanello d’allarme e risvegliare le coscienze di fronte alla gravità del problema.
Il progetto si chiama The herds, i branchi, ed è partito il 9 aprile dal giardino botanico di Kinshasa, la capitale della Repubblica Democratica del Congo (Rdc). Vale la pena seguirlo attraverso il profilo su Instagram, dove vengono pubblicati i video del viaggio. A Kinshasa un gruppo di zebre, gnu, leoni, una giraffa e varie scimmie, tra cui un gorilla, ha cominciato a muoversi con circospezione per le strade della città insieme ai loro umani, che sono un po’ danzatori e un po’ operatori dei grandi pupazzi. Intervistato dall’Associated Press, il direttore artistico del progetto, Amir Nizar Zuabi, ha detto che The herds vuole raccontare quello che sta succedendo all’ambiente naturale dell’Rdc anche agli abitanti della Norvegia e di altri paesi del mondo ricco.
Rispetto per l’ambiente
La mandria di sculture mobili a grandezza naturale ha attraversato il fiume Congo e proseguito verso nord, facendo tappa a Lagos, la metropoli nigeriana, dov’è salita sulle barche per percorrere la celebre baraccopoli sull’acqua di Makoko. Ha battuto le spiagge della capitale senegalese Dakar, è passata per le città marocchine di Marrakech, Casablanca e Rabat, per poi risalire verso l’Europa passando per Cadice e Madrid, in Spagna. Al momento gli animali sono in arrivo a Marsiglia e Arles, in Francia.
Il 17 giugno anche Venezia ospiterà, nell’ambito della Biennale danza, una coreografia dell’artista zimbabweano-gallese Anthony Matsena legata a questo progetto. Le tappe finali sono Trondheim, in Norvegia, e il circolo polare artico. Arrivo previsto dopo il 30 luglio.
“I pupazzi sono molto fedeli agli originali e sono realizzati con materiali riciclabili dai colori naturali come cartone, legno e spago”, racconta Louisa Buck su The Art Newspaper. Gli animali di The herds sono il frutto del lavoro di diversi artisti sudafricani, tra cui l’Ukwanda puppets and designs art collective di Città del Capo, Craig Leo, Simon Dunkley e Hansie Visagie, oltre al direttore artistico del progetto Amir Nizar Zuabi, che aveva già stupito il mondo con la sua performance Little Amal, per la quale aveva portato in giro per vari paesi una scultura alta 3,5 metri di una bambina siriana rifugiata. Inoltre, il progetto è stato pensato per essere il più sostenibile possibile, scegliendo sempre la forma di trasporto meno dannosa per l’ambiente. Anche le scatole di cartone all’interno delle quali vengono trasportate le sculture-pupazzi possono essere riutilizzate per costruire altri animali, nel caso fossero danneggiate.
Per Nizar Zuabi, The herds è una risposta urgente alla crisi climatica: la bellezza e la ferocia delle creature hanno l’obiettivo di stimolare il dialogo e la riflessione, coinvolgendo quante più persone possibile. A ogni tappa, la banda formata dagli animali selvatici e dai loro accompagnatori cresce e interagisce in modo originale con ogni nuovo ambiente che incontra. “Anche in questo caso, l’arte mostra la strada da seguire”, scrive Buck. “Non solo perché riesce a coinvolgere il pubblico trasmettendogli un messaggio importantissimo, ma anche perché mostra come ottenere l’impatto maggiore con i mezzi più sostenibili”.
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Questo testo è tratto dalla newsletter Africana.
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