Il progetto Thruppi è una bella sorpresa. È un supergruppo, una parola che evoca improbabili formazioni musicali nate a uso e consumo delle grandi kermesse audiovisive di tanto tempo fa, almeno in Italia. Ma è giusto usarla con un po’ di spregiudicatezza anche per definire la collaborazione di Giovanni Truppi con alcuni membri dei Thru Collected, una delle realtà più interessanti di questo paese.
Non c’è una sbavatura nel loro lavoro finora, e questa collaborazione conferma la bontà delle loro intuizioni. La forza di Thruppi sta nell’immaginario – Napoli scartata, Napoli vissuta, Napoli anche quando non importa – e in una testualità che evita facili soluzioni autobiografiche per lavorare sull’intimità delle percezioni rispetto alle stagioni diverse della vita, all’inquietudine legata alla stratificazione sociale (Denti perfetti) e a un senso sepolcrale reinventato con grande vivacità in Napoli città di morte, forse il brano più impressionistico.
Chi è affezionato al lavoro di Giovanni Truppi o alle voci che compongono i Thru Collected si esalterà davanti a pezzi come Vecchie fiamme, dove ci sono angoscia, fantasia e tutto il meglio dell’emocore jazzato e dell’abrasione fondativa del cantautorato indipendente italiano prima che si perdesse per strada. Ecco, forse in Sir pente si sente proprio quel cedimento che è diventato endemico in tante band e artisti che stanno attorno a Truppi e ai Thru Collected. Ma per fortuna è solo un episodio, in coda a un disco che si presenta subito come uno dei più importanti dell’anno. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1619 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati